Per chi mi segue e mi conosce, sa che ho avuto la fortuna di lavorare per 13 mesi presso l’ANSF, Agenzia Nazionale per la Sicurezza nelle Ferrovie, a Firenze.
Lì ho conosciuto tantissime persone, super qualificate e super esperte, a cui spesso ho chiesto lumi e delucidazioni sul tema ferrovia, sicurezza, etc etc etc.
Ebbene, mi tornano in mente, in questi giorni in cui, le risposte che quelle persone mi dettero sul tema della nuova linea ferroviaria Torino-Lione.
Il vecchio tracciato, la Ferrovia del Frejus, è un progetto nato ai tempi del Regno di Sardegna, quando la Savoia era ancora in mano alla omonima Casata. Il progetto è del 1854, l’inaugurazione fu svolta nel 1871. Stiamo parlando, perciò, di circa 160 di distanza dai giorni nostri. 160 anni.
Inizialmente a binario unico, fu realizzato il raddoppio nei primi 20 anni del Novecento. L’elettrificazione a 3000 V a corrente continua fu poi realizzata verso il 1960.
L’intera tratta è stata parzialmente ammodernizzata ad inizio degli anni 2000.
Il punto più elevato del tracciato è 1338 m, all’interno del traforo del Frejus, che è il secondo valico ferroviario alpino per altitudine raggiunta dopo il Brennero (1371 m). Questo, ahimè, comporta una ascesa massima (o pendenza) del 30‰. L’ascesa più significativa raggiunta per un tratto più lungo ammonta al 26‰ per circa 20 km a monte di Bussoleno. Per quanto riguarda il versante francese, si raggiunge la pendenza massima al 30‰ nella tratta fra St. Jean ed il Frejus. Tuttavia, vi sono numerose altre indicazioni più o meno referenziate: ad esempio secondo Trail Lombardia le pendenze massime sarebbero del 34‰ sul lato francese e del 32‰ sul lato italiano, e per il traforo del 28‰ sul lato Francia e 30‰ sul lato Italia. Quella del Frejus rimane comunque la pendenza massima più alta fra i principali valichi ferroviari alpini (la ferrovia del Gottardo raggiunge il 26‰, il Brennero il 25‰ e il Sempione il 9,5‰).
Questo si traduce in: sicurezza ridotta al minimo, capacità di trasporto non adeguato, velocità del viaggio basse (e di conseguenza allungamenti dei tempi di percorrenza della tratta).
Cosa si prospetta con il nuovo tracciato? Semplice, superare le difficoltà che vi ho sopra descritto.
La prima finalità del sostegno dell’UE alla nuova linea Torino Lione (NLTL) è l’adeguamento della linea alle caratteristiche del nuovo sistema ferroviario comunitario e in particolare della rete centrale che richiede a tutte le sue articolazioni medesime specifiche tecniche, cosicché un treno possa circolare senza incontrare tratte incompatibili con gli standard di prestazione comuni. Si tratta, perciò, di avere una linea moderna per: a) sagoma; b) carico assiale; c) velocità della linea; d) lunghezza del treno. I nuovi standard sono già operativi in Svizzera i tunnel di base del Lötschberg e Gottardo e in Austria i progetti di Brennero, Semmering e Koralm.
Contro la linea storica ci sono i forti limiti di sagoma, che non consentono il transito di profili superiori a P/C 45 (linee sulle quali è possibile trasportare casse mobili e semirimorchi, caricati su carri aventi larghezza massima di 2500 mm ed altezza massima di 3750 mm) contro il P/C 80, necessario al trasporto combinato di semirimorchi e grandi container e richiesto dalla normativa UE. Inoltre, nonostante le attuali e assai costose doppie e triple trazioni, acclività e tortuosità della vecchia linea impediscono il transito di treni “capaci” ovvero con massa trainabile fino a 2000 tonn e lunghi fino a 750 m: gli unici considerati dagli operatori di trasporto economicamente competitivi con il trasporto stradale.
Altra criticità della linea storica, nei quasi 50 km di gallerie di parte italiana, è la non rispondenza ai requisiti di sicurezza richiesti dalla recente normativa europea e italiana, come vie d’uscita, marciapiedi per l’esodo, piazzali esterni di emergenza, impianti; per il cui adeguamento occorrerebbero anni di interruzione dei transiti e costi elevati.
Se vogliamo dare una mano all’ambiente, spostando le merci su rotaia in modo da non avere più inquinamento da traffico pesante sull’arco alpino, la soluzione più logica è la ferrovia. Ma per avere un adeguato flusso di merci da e per Francia, Svizzera e Austria, occorre avere ferrovie moderne, con standard di sicurezza alti, che i vecchi tracciati non hanno e non possono avere, colpa del momento storico in cui sono stati realizzati (quasi tutti i valichi ferroviari alpini sono stati realizzati prima del Novecento!).
La giustificazione sul presunto documenti “costi/benefici” ha ragione di essere fino a un certo punto. Per quella logica, anche l’Autostrada del Sole non avrebbe avuto senso, ma lo Stato Italiano investì su un’arteria stradale per permettere collegamenti veloci da nord a sud, spostando merci e persone lungo lo stivale in modo rapido. Prima del 1964, anno di inaugurazione, andare da Milano a Napoli voleva dire percorrere due giorni di strade statali, con tutti i problemi connessi e derivati.
Vogliamo andare avanti o tornare ai tempi delle locomotive a vapore?